L’estrazione di molecole bioattive da biomasse algali ed utilizzo della biomassa residua post-estrazione può al contempo contribuire alla risoluzione di un problema locale, ma con rilevanza su scala nazionale ed internazionale, ed all’ottenimento di nuove risorse in un’ottica di bioeconomia.
Le macroalghe che infestano la Laguna di Orbetello, le cui biomasse ammontano in media a 5000 t/anno, vengono conferite in discarica come rifiuti speciali biodegradabili con oneri non indifferenti per i comuni interessati e la Regione Toscana. Al contrario, in un’ottica di economia circolare, le biomasse di macroalghe vengono considerate risorse in grado di generare opportunità di sviluppo per le aree territoriali nelle quali vengono depositate. Le microalghe sono state in anni recenti proposte come “feedstock” per biocarburanti di terza generazione. Tale applicazione è al momento ritenuta non matura dalla maggior parte dei ricercatori visti gli alti costi di produzione delle biomasse microalgali (2-5 €/kg di biomassa secca). Il costo di produzione può invece divenire sostenibile se la coltivazione è finalizzata all’ottenimento di prodotti ad alto valore aggiunto (integratori alimentari, alimenti funzionali, farmaci, cosmetici, biostimolanti). Tale concetto è valido anche e soprattutto per le macroalghe infestanti i cui costi sono legati all’oneroso smaltimento quale rifiuto speciale.
Il progetto si è basato quindi su un approccio multidisciplinare combinato ed integrato di diverse tecnologie complementari, con il macro-obiettivo di utilizzare a rifiuto zero le macroalghe (rifiuto primario) in toto per ottenere prodotti secondari e terziari ad alto valore aggiunto quali: (i) prodotti bioattivi (con generazione di prototipi di estrazione automatizzata da materiale grezzo) da utilizzare nella biocosmesi (con generazione di prototipi di crema), in ambito nutraceutico e bionutraceutico, e potenziali integratori per la prevenzione di patologie e nuovi farmaci (in particolare per malattie del sistema osteoarticolare, osteoporosi, osteoartrosi, malattie infiammatorie, chemoterapici oncologici e nuovi antibiotici) nonché bio-fitostimolanti per applicazioni nel campo dell’agricoltura biologica ed eco-sostenibile; (ii) ricavare carta dalla frazione cellulosica (FC) rimanente (rifiuto secondario) una volta estratti i prodotti bioattivi (con generazione di prototipo di produzione di carta pregiata) e (iii) sviluppare un protocollo specifico di Hydrothermal Processing per la generazione di Biochar sia dalla biomassa algale quale rifiuto primario che dalla biomassa residua post-estrazione da applicare in ambito agricolo (di nuovo agricoltura biologica eco-sostenibile) come ammendante del suolo, sequestratore di carbonio, ritentore di acqua, isolante per l’edilizia, additivo per mangimistica animale ed altro.
Il progetto Omnialgae per le alghe della laguna di Orbetello ha consentito di mettere a punto un sistema innovativo di economia circolare estendibile a tutti i siti nazionali o internazionali accomunati dalla problematica dello smaltimento di alghe infestanti ed a tutti quei siti costieri che vogliano svincolarsi dal circolo vizioso dell’eutrofizzazione, accumulo e smaltimento. Tale processo di flusso circolare, da noi denominato OmniAlgae, prevede, diversamente da qualsiasi altro approccio precedentemente proposto, di usare la totalità della massa di macroalghe per lo sviluppo di prodotti ad alto valore aggiunto in un circolo virtuoso a rifiuto zero.
Il nostro progetto pilota di sperimentazione industriale ad altissimo valore tecnologico ha previsto quindi la produzione di prototipi e si caratterizza per il grado di multidisciplinarità e conseguente innovatività. Incisivi gli impatti del progetto su diversi fronti, come qui di seguito dettagliato.
Impatto ambientale:
La Laguna di Orbetello rappresenta uno dei più importanti bacini salmastri italiani, sia dal punto di vista naturalistico (Riserva Naturale e Sito di Interesse comunitario-SIC [Italia, 2008]), sia da quello economico per i numerosi allevamenti di acquacoltura. È stato classificato come Sito di bonifica di Interesse Nazionale (SIN) nel 2002 [Atti delle giornate di studio su Emergenza Ambiente: l’ecotossicologia come strumento di gestione, ISPRA atti 2015 ISBN 978-88-448-0763-4] e nel solo 2013 dalla laguna sono state raccolte 600 tonnellate di biomassa di macroalghe.
L’analisi complessiva del fenomeno dello smaltimento di biomasse da alghe infestanti è una problematica economico-ambientale di assoluto rilievo nazionale (i.e. Liguria, Puglia, Sardegna, Veneto, Puglia) ed internazionale (i.e Bretagna, Irlanda, Giappone) che evidenzia una situazione di mancato sfruttamento delle potenzialità di questo sistema produttivo in termini di creazione e distribuzione di prodotti trasformati ad alto valore aggiunto. La crescita di alghe è legata all’abbondanza di sostanze nutrienti apportate nelle acque della laguna attraverso gli scarichi urbani ed industriali. Particolari condizioni climatiche possono far degenerare il sistema in quanto possono far diminuire o mancare il livello di ossigeno, causando morie di pesci e un impoverimento duraturo dell’ecosistema lagunare. Gli scarsi scambi con le acque marine e una forte presenza di agenti nutrienti determina la proliferazione algale con distrofie più o meno gravi. Da anni sono state intraprese importanti azioni e procedure gestionali finalizzate al risanamento della Laguna di Orbetello, tra le quali l’incremento dello scambio tra mare e laguna, grazie alla messa in esercizio di idrovore nel periodo primaverile-estivo. Nell’estate del 2015, a causa del caldo molto intenso, è stato attivato anche un monitoraggio quotidiano specifico per l’ossigeno disciolto in acqua, parametro fondamentale per la vita dei pesci. L’asportazione delle alghe serve dunque a rallentare i processi di degrado che altrimenti sarebbero ogni anno più gravi. Classificate come “rifiuti biodegradabili” (CER 20.02.01), le biomasse sono state conferite in discarica con oneri non indifferenti per i comuni interessati e la Regione Toscana. Ogni anno viene conferita in discarica una quantità di alghe infestanti pari ad almeno 500 tonnellate, tuttavia, la quantità che sarebbe necessario raccogliere annualmente, al fine del mantenimento dell’ecosistema lagunare è addirittura di 10.000 tonnellate. Questa quantità, ad oggi, non può essere smaltita a causa dei limiti di accettazione in discarica di tale tipo di rifiuto. Inoltre, il processo naturale di produzione delle macroalghe è stato fortemente accelerato negli ultimi anni dalle attività antropiche ed impone una raccolta periodica e sistematica della biomassa con dinamiche e costi spesso molto impegnativi (i.e. consumi di carburanti per la raccolta sistematica, smaltimento della biomassa in forma di rifiuti speciali). Al contrario, in un’ottica di economia circolare, le biomasse di macroalghe, così come le “banquettes” di Posidonia oceanica, vanno considerate risorse in grado di generare opportunità di sviluppo per le aree territoriali nelle quali vengono depositate tutelando anche il rilevante elemento paesaggistico, invece compromesso dalla presenza ad Orbetello in una discarica a cielo aperto decine di migliaia di tonnellate di alghe accumulate nel corso di tanti anni, purtroppo non più riciclabili ma causa di degrado ambientale.
La compromissione delle aree di balneazione costituisce poi un problema sia sanitario che paesaggistico. La laguna è inoltre contaminata da sedimenti contenenti mercurio e metilmercurio. Costantemente vengono rimosse grandi quantità di alghe mediante macchine apposite e, data la scarsa profondità della laguna, è possibile che tale rimozione comporti una movimentazione ulteriore dei sedimenti superficiali, quelli più interessati alla produzione di metilmercurio. Tale inquinamento, che rappresenta anche un rischio sanitario dettagliato nel prossimo paragrafo, si riversa anche sulla biomassa algale che può in alcuni periodi essere a sua volta inquinata e quindi non utilizzabile direttamente. Il frazionamento della biomassa iniziale proposto nel nostro progetto costituisce una soluzione sia alla desalinizzazione che alla decontaminazione delle alghe rendendo così utilizzabili rifiuti altrimenti ingestibili.
Alcuni tentativi di soluzione del problema delle alghe infestanti di Orbetello sono risultati spesso economicamente non convenenti, come dettagliato nel paragrafo successivo, ed hanno provocato problemi aggiuntivi di natura ambientale, cosa che il nostro progetto a rifiuto zero non comporta. Ad esempio, la risospensione dei sedimenti, meglio conosciuta in ambito tecnico come “risospensione tidale”, applicato ad una sola parte della Laguna, prevede una attività di pompaggio delle acque che ha necessitato della richiesta da parte della Regione al Comune di un protocollo operativo concordato con il WWF per tenere conto della nidificazione degli uccelli e di un’area ad altissimo valore naturalistico, paesaggistico e per la presenza di rara fauna e avifauna selvatica.
Le applicazioni del Biochar e dei bio-fitostimolanti ottenuti quali prodotti secondari e terziari dal nostro progetto quali ammendanti e fertilizzanti green del terreno possono consentire un’agricoltura eco-sostenibile ed a basso impatto ambientale.
Il progetto si inserisce in maniera molto organica ed efficiente nel contesto del decreto Bossetti in materia di rifiuti. Infatti, analizzando la gerarchia di gestione di rifiuti proposta (1. prevenzione, 2. preparazione per riutilizzo, 3. riciclaggio, 4. recupero di altro tipo, per esempio energia e 5. smaltimento) si nota che per le macroalghe infestanti andiamo ad agire sui primi 4 punti in maniera diretta o indiretta. La biomassa verrà infatti preparata per il riutilizzo (punto 2) attraverso lo sviluppo di estrattori, verrà quindi riciclata (punto 3) ed utilizzata per la produzione contemporanea di biocosmetici, prodotti per nutraceutica, farmaci e carta pregiata o recuperata in altro modo (punto 4) per l’ottenimento di biochar. Il tutto comporta una prevenzione dei danni ambientali causati dalle alghe infestanti con un impatto da monitorare sull’economia, l’ambiente e la salute dei cittadini, creando un circolo virtuoso di applicazione estendibile ad altre realtà e processi.
L’utilizzo da noi proposto delle alghe infestanti avrebbe un diretto impatto sanitario poiché queste sono considerate anche inquinanti e causa di emergenza sanitaria pubblica, in particolare quando periodicamente emergono popolazioni algali che rilasciano tossine nocive per l’uomo. Il rischio sanitario è poi legato agli inquinanti dei sedimenti contaminati da mercurio e metilmercurio trasferibili agli organismi in dipendenza dalle peculiari caratteristiche della laguna e le attività umane praticate possono modulare tali fenomeni modificando il fattore di trasferimento di tale contaminazione agli organismi. L’efficacia di misure finora adottate per la riduzione dei livelli ambientali di contaminanti è stata messa in discussione.
Il maggior impatto sanitario deriva però dall’applicazione dei composti bioattivi estratti dalle alghe nel campo della prevenzione e della terapia soprattutto di malattie croniche, infettive ed oncologiche. In particolare, con l’aumentare dell’età media, si sta aprendo della forbice dell’incidenza della malattia cronica rendendo sempre più insostenibile i costi del sistema sanitario, rendendo necessaria una maggiore prevenzione e protezione a partire dagli stili di vita e l’alimentazione. Le macroalghe, grazie alla loro biodiversità e variabilità stagionale ed ambientale, sono infatti oggi considerate una delle più ricche fonti naturali di composti bioattivi e considerate dei bioreattori spontanei per la produzione di proteine, lipidi ed acidi grassi, polisaccaridi ed anti-ossidanti che possono essere impiegati per la produzione di alimenti funzionali.
Il gruppo UniSi ha già consolidata esperienza nella valutazione delle attività benefiche di estratti di alghe del Mediterraneo in collaborazione con ICP avendo dimostrato l’efficacia a livello molecolare su cellule umane degli estratti di Padina pavonica sulla promozione della produzione di collagene e glucosaminoglicani per lo sviluppo di cosmetici e cosmetici anti-inquinamento, la promozione di produzione di cartilagine e mineralizzazione ossea per lo sviluppo di cosmeceutici e nutraceutici per la prevenzione ed il trattamento di osteoporosi e artrosi, e l’induzione di apoptosi nell’osteosarcoma primario per lo sviluppo di nuovi chemoterapici oncologici. Su questa base stiamo valutando estratti di alghe della Laguna di Orbetello su cellule umane del comparto osteoarticolare per valutare la loro bioattività verso malattie infiammatorie croniche con particolare riguardo a quelle reumatiche che costituiscono un problema socio-sanitario rilevante a livello mondiale. Le malattie reumatiche e osteoarticolari rappresentano la condizione cronica più diffusa secondo Istat con aumento di prevalenza osteoartrosi (OA) e osteoporosi (OP) in rapporto all’età. L’OP è la principale causa di morbidità e mortalità negli anziani e drena crescenti risorse del sistema socio-sanitario. Nel mondo sono oltre 200 milioni gli individui affetti da OP con un’incidenza che aumenta proporzionalmente all’invecchiamento. In Italia colpisce oltre 5.000.000 di persone. L’OMS ha definito le malattie reumatiche come la prima causa di dolore e disabilità in Europa, sottolineando come queste, da sole, rappresentino la metà delle patologie croniche ad alto potenziale di disabilità che colpiscono la popolazione di età > 65 anni. Per OP ogni anno in Italia si registrano 100.000 ricoveri per fratture di collo femore; i dati riguardanti le altre sedi di frattura sono sottostimati. Le fratture di femore determinano gravi conseguenze in termini di costi sociali: la mortalità entro un anno dalla frattura è del 20%, il 30% dei pazienti è affetto da un’invalidità permanente e il 40% di essi perde la capacità di camminare autonomamente ed hanno un ruolo di rilievo tra le cause di disabilità negli anziani. In Italia i costi dell’osteoporosi superano il miliardo e mezzo di euro all’anno. La maggior parte dei pazienti con frattura da fragilità non riceve un trattamento per l’osteoporosi. L’efficacia dei farmaci attualmente utilizzati per l’osteoporosi può risultare compromessa dalla scarsa aderenza alla terapia. L’eziologia dell’OP è multifattoriale, dovuta a fattori genetici ed ormonali, alla malnutrizione e al ridotto assorbimento gastrointestinale nell’invecchiamento. È quindi necessario allestire interventi preventivi finalizzati alla riduzione del rischio di fratture nei soggetti di età avanzata. I farmaci disponibili per il trattamento dell’OP prevengono le fratture anche se l’aderenza a questi regimi risulta sub-ottimale. Da qui la necessità di disporre di nuove opzioni terapeutiche e preventive efficaci, ben tollerate, con modalità di somministrazione pratiche e convenienti. Provvedimenti non farmacologici, quali la supplementazione di integratori e nutraceutici con la dieta sono raccomandati senza controindicazioni.
Dalle alghe di Orbetello sono inoltre state identificate dal gruppo UniSi anche composti con capacità antibatteriche rendendo così interessanti tali macroalghe come produttori di sostanze utilizzabili in sinergia con altri antibiotici per combattere l’antibiotico-resistenza che si sta rapidamente diffondendo nel mondo, costituendo una crescente emergenza socio-sanitaria, e consentire il loro utilizzo per la produzione di materiali innovativi asettici volti a limitare la diffusione delle epidemie e pandemie infettive.
Oltre al risparmio sullo smaltimento del rifiuto speciale ed i potenziali risparmi del sistema sanitario nazionale che gravano sul contribuente, sono previsti impatti economici attivi, visto il crescente interesse per le sostanze naturali rispetto a quelle sintetiche per il benessere dell’uomo ed un’agricoltura eco-sostenibile. Le cifre più interessanti riguardano senz’altro il mercato globale di integratori e prodotti nutraceutici, che nel 2020 sfiorava i 279 miliardi di dollari ed è previsto in crescita di un 7,8% annuo, fi no a superare i 441 miliardi di dollari nel 2026 (di cui 75 miliardi solo nel comparto integratori alimentari). In questo settore bisogna anzitutto rilevare come l’Italia sia cresciuta molto negli ultimi anni e attualmente rappresenti il principale mercato europeo per consumi. Due dati offerti da FederSalus descrivono bene questo trend:
più del 58% degli italiani dichiara di assumere abitualmente prodotti nutraceutici;
il giro d’affari nazionale è passato dai 2,36 miliardi di euro del 2014 ai quasi 3,8 miliardi del 2020 (valore di prezzo al pubblico).
Se allarghiamo lo sguardo all’Europa, invece, notiamo che il mercato nel 2020 ha superato i 13 miliardi di euro e, dopo l’Italia, troviamo i tedeschi (2,5 miliardi), seguiti dai francesi (1,2 miliardi) e dagli spagnoli (800 milioni). Per quanto concerne gli sbocchi del Made in Italy di settore in area euro, i dati del 2019 indicano che Spagna, Grecia, Francia, Germania e Romania sono gli Stati che assorbono maggiormente i prodotti nostrani. Per il futuro, con orizzonte 2026, si prevede che la Germania crescerà del 7% annuo e potrebbe diventare il mercato di sbocco europeo di maggiore interesse (A. Cossu Marketing e mercati internazionali 2021).
Nel nostro caso i prodotti ed i prototipi generati dal progetto pilota potrebbero entrare nel mercato con l’enorme valore aggiunto di una ricerca di alto livello accademico. Ad es., non solo verranno prodotti estratti da alghe e caratterizzati, ma ne verrà anche determinata quantitativamente l’attività benefica direttamente su cellule umane o su piante, in modo da avere immediatamente anche tutti i dati tossicologici e di dosaggio per un più rapido impiego in campo cosmetico, nutraceutico, farmacologico, fitostimolante. In un’ottica di vera economia circolare a rifiuto zero a questo si accompagnerà l’utilizzo innovativo del rifiuto secondario per la produzione di materiali e processi assolutamente nuovi che potranno facilmente aprire nuove nicchie di mercato con conseguente incremento dell’occupazione e creazione di nuove figure professionali su cui UniSi e Fondazione Vita collaborano da anni nell’ambito di ITS ed altri progetti formativi in collaborazione con le aziende.
Il nostro progetto si pone in maniera alternativa in alcuni casi e complementari in altri, ai molti diversi tentativi, anche molto onerosi, di risolvere il problema eco-ambientale delle alghe infestanti di Orbetello. Ad es. la conversione della biomassa in biocombustibile non ha dato i risultati sperati.
L’innovatività e l’ambizioso scopo di questo progetto è stato quello di utilizzare tutte le componenti della biomassa macroalgale, senza alcuno scarto, per la produzione di biochar da una parte e di prodotti di interesse nutraceutico e farmaceutico dall’altra. E’ stata inoltre condotta una valutazione della sostenibilità ambientale ed economica multi-scala, basate su LCA e LCC con approccio cradle-to-grave, della filiera proposta, al fine di individuare le soluzioni tecnologiche ed i prodotti più promettenti in un’ottica di eco-efficienza ed economia circolare. Il progetto si pone quindi l’ambizioso obiettivo di intercettare contemporaneamente una duplice esigenza: contribuire a garantire sia la tutela del territorio che la sostenibilità del sistema sanitario regionale e nazionale, promuovendo la bioeconomia e l’economia circolare in genere, ancora poco sviluppate nel Paese.
La rilevanza ed innovatività del progetto sono evidenti anche per la loro rispondenza e aderenza alle tematiche strategiche nazionali ed europee. Il progetto nasce dalla riflessione dei lavori sulla Bioeconomy della Regione Toscana a cui i partner del progetto hanno tutti contribuito fattivamente sedendo a diversi. Si inquadra poi perfettamente nelle politiche della BLUEMED Initiative H2020 per la promozione dell’economia blue nel bacino del mediterraneo attraverso la cooperazione, alla cui White Paper hanno contribuito Santucci e Sinicropi (DBCF, UniSi), che sono anche presenti nel Cluster nazionale BIG Blue Italian Growth, proprio per l’uso delle alghe come bio-fabbriche di prodotti per il benessere e la salute dell’uomo. Nel settore ambiente e salute, il Governo Italiano ha ulteriormente approvato il 13 aprile 2022 l’approccio “OneHealth” e “Planetary Health”, riesaminando e riapprovando il decreto che istituisce il Sistema Nazionale Prevenzione Salute dai rischi ambientali e climatici.
La strategia progettuale si basa sul grande potenziale dello sviluppo del settore bio-based, ampiamente connesso in primo luogo allo sfruttamento dei rifiuti allo scopo di ridurre l’impatto ambientale, e in secondo luogo allo sviluppo di attività industriali nelle aree marginali, come le zone costiere, che non competono con la produzione alimentare. Il presente progetto si inquadra perfettamente in quest’ottica di recupero e valorizzazione dei rifiuti attraverso la possibilità di introdurre nuove tecnologie a livello territoriale e di formare competenze in un settore nuovo in rapido sviluppo, alla possibilità di sviluppare interazione tra aziende e mondo della ricerca con notevoli ricadute sul territorio, contribuendo a definire criteri di normativa a livello regionale. Il progetto risponde perfettamente alla visione dell’Unione europea in materia di agricoltura sostenibile, con l’utilizzo di risorse rinnovabili quali la biomassa ed i rifiuti urbani conferiti in discarica, al fine di ottenere nuovi materiali ecocompatibili, cosmetici, nutraceutici e biocidi, nonché fitostimolanti, **evitando l’inquinamento ambientale e riducendo i costi derivanti sia dall’uso di materiali e tecniche convenzionali che dallo smaltimento dei loro rifiuti. Questo progetto è uno degli esempi più evidenti del legame stretto e importante esistente tra la EU Water and Soil Strategy for 2030, volte a svolgere diverse azioni sul suolo, in modo da impedirne il degrado, a preservarne le funzioni ecologiche e sociali, nonché per bonificare suoli inquinati e degradati. Inoltre l’uso degli estratti bioattivi e di biochar in campo agrario potrà costituire un’alternativa affidabile ed efficace all’applicazione di sostanze chimiche come i battericidi utilizzati contro i batteri patogeni degli impianti, che contribuirà alla riduzione della contaminazione dei prodotti chimici nei suoli e nell’acqua agricola. Sarà quindi ottenuto anche un aumento della fertilità del suolo, nonché un’importante riduzione della percentuale di batteri resistenti alle sostanze chimiche nella microflora del suolo, che rappresentano un pericoloso serbatoio di batteri resistenti agli antibiotici per gli esseri umani e gli animali In conformità con quanto enunciato nel bando, ovvero progetti riguardanti il recupero e il riutilizzo di rifiuti attualmente non serviti da filiera, la realizzazione del progetto contribuirà al raggiungimento di una serie di vantaggi in termini di qualità del prodotto, per essere trasformato in prodotti di 2° trasformazione, nonché di recupero di uno scarto importante per economicamente rilevante per tutti i comuni rivieraschi italiani. La vera fonte di vantaggio competitivo consiste nello sviluppo di prodotti innovativi e differenziati, i quali possono essere utilizzati in diversi business, consentendo all’impresa di non legare la sua attività ad un particolare mercato, ma di sfruttare tutte le opportunità derivanti dalla nascita di nuovi prodotti. Questi prodotti innovativi possono essere infatti incorporati in diversi prodotti finali (i.e. farmaceutici, nutraceutici, carta, biochar) allungando il loro ciclo di vita e diventando una risorsa essenziale. Il progetto è quindi coerente con le priorità individuate dal bando, favorendo l’approvvigionamento e l’utilizzo di sottoprodotti, materiali di scarto e altre materie grezze ai fini della bioeconomia.
La produzione totale di macroalghe al livello mondiale è di 27 milioni di tonnellate con una leadership guidata da Cina e Indonesia (79%). Nel mercato mondiale gli utilizzi delle macroalghe sono principalmente legati al food (73% del totale, di cui 40% human food e 33% colloidi food grade). La produzione europea raggiunge le 27 mila tonnellate (~ 1% della produzione mondiale), impiegata principalmente per la produzione di alginati ed in maniera marginale come cibo (~ 1%). Le principali opportunità di mercato per le macroalghe sono identificabili nella mangimistica, nella produzione di antibiotici e nell’utilizzo di molecole bioattive in campo nutraceutico, farmaceutico e cosmetico. Le molecole bioattive, in particolare peptidi e aminoacidi bioattivi, polisaccaridi, antiossidanti, acidi grassi, minerali, vitamine e pigmenti rappresentano ad oggi i componenti più promettenti per lo sfruttamento commerciale delle macroalghe. In particolare, i componenti maggiormente interessanti sono: per gli aminoacidi bioattivi taurina, laminina e acidi kainici; per i polisaccardi laminarina e fucoidani; per gli antiossidanti florotannini e carotenoidi (fucoxantina, β-carotene, violaxantina). Le principali tecniche di raccolta per le macroalghe in Inghilterra, Francia, Irlanda, Norvegia, Spagna e Portogallo sono rappresentate dalla raccolta a mano sulla riva, la raccolta meccanica e la raccolta per immersione. Poche aziende coltivano macroalghe con raccolta meccanizzata. Ad oggi, non si conoscono realtà aziendali italiane che raccolgono o coltivano macroalghe.
Vi è un generale consenso sul fatto che l’ambiente marino abbia un grande potenziale che può essere esplorato e sfruttato in maniera eco-sostenibile. Per questo motivo i concetti di “Blue Growth” e “Blue Economy” sono entrambi necessari per un approccio olistico in cui le componenti socio-economiche e quelle ecologiche interagiscono anche in maniera complessa. E’ anche in questa ottica che si pone il nostro progetto di sistema integrato di gestione e utilizzo circolare del rifiuto algale.
Concludendo il progetto mira ad innovare l’approccio al riciclo e recupero della biomassa algale raccolta a scopo di bonifica nella Laguna di Orbetello, ricavandone molecole ecocompatibili e altamente bioattive, trasformandola in carta pregiata con tecnologie sostenibili e in biochar da utilizzare come ammendante dei suoli, materiale per isolamento nell’edilizia o come integratore ne mangimi animali. Il progetto ha il doppio obiettivo di migliorare contemporaneamente il profilo della sicurezza dei prodotti legati all’industria nutraceutica, cosmetica, farmaceutica e nel campo dei fitostimolanti per l’agricoltura, in termini di compatibilità ambientale. Il tutto supportando la sostenibilità della produzione industriale e agricola, perseguendo strategie economicamente convenienti. Inoltre OmniAlgae costituisce un unicum me suo genere in quanto per la prima volta si propone un sistema a rifiuto zero di impiego di macroalghe infestanti per l’ottenimento di prodotti di interesse industriale. Tale ambizioso obiettivo potrà essere raggiunto solo grazie alla sinergia di gruppi altamente qualificati con competenze specifiche in vari settori (i.e. chimico, biochimico, ingegneristico, logistico, ambientale), grazie ad un dialogo ed un costante interscambio fra competenze e tecnologia fino ad oggi sviluppate singolarmente dai vari gruppi di ricerca universitari, industriali ed aziendali. L’eccellenza già provata dei singoli partner coinvolti nel progetto troverà qui la possibilità di acquisire un più ampio respiro, sviluppando un’innovativa strategia e visione delle problematiche in maniera globale ed organica. La crescita tecnologica verrà implementata in maniera esponenziale grazie a questo dialogo multidisciplinare. In questo modo le singole competenze tecnologiche verranno convogliate verso la realizzazione di una filiera di lavorazione di ciò che ad oggi è ancora un rifiuto, ma diventerà una materia prima di grande importanza per lo sviluppo economico, sociale ed ambientale. Questo grazie alla semplificazione delle procedure volte a promuovere il riciclo di ciò che viene raccolto in modo differenziato, evitando che questo materiale finisca in discarica. Questa idea di processo virtuoso è essa stessa un prototipo che potrà trovare applicazione in ambito nazionale ed internazionale anche su tematiche diverse rispetto a quella qui proposta.
L’adozione di un approccio innovativo al problema della razionalizzazione, standardizzazione e sostenibilità del processo di estrazione di sostanze bioattive dalle alghe, puntando sull’industria nutraceutica e cosmetica/cosmeceutica (il comparto industriale bio-pharma è il terzo in Italia, con un potente Distretto regionale Life Sciences comprensivo di almeno 250 aziende dalle multinazionali alle PMMI), promuoverà lo sviluppo di un’economia a minore impatto ambientale in grado di avere un impatto benefico sull’ecosistema anziché impattare su di esso. Inoltre, proprio perché ispirato a un concetto di economia circolare, il progetto prevede lo sfruttamento di tutta la biomassa algale a livello industriale. Il problema è prioritario per gli amministratori dei comuni rivieraschi che, costretti a costose attività di pulizia e smaltimento, possono provocare danni agli ecosistemi costieri in assenza di linee guida definite che riguardano le modalità di intervento e gestione dei residui algali. Le macroalghe marine sono infatti estremamente versatili ed i prodotti ricavati possono essere consumati direttamente o trovare impiego in molteplici ambiti. La diversità delle macroalghe marine si traduce nella produzione di una notevole varietà di composti naturali che trovano applicazione in vari ambiti. Inoltre, a differenza delle microalghe, ampiamente sfruttate e coltivate a fini energetici e industriali, in termini di competitività, i vantaggi che possono essere annoverati alle macroalghe che ciclicamente si sviluppano in ecosistemi naturali, sono rappresentati proprio dalla valorizzazione delle biomasse per l’ottenimento di un prodotto di seconda trasformazione e dal recupero degli scarti e tutela del patrimonio ambientale con valorizzazione economico-paesaggistica del territorio (da rifiuto a risorsa). A partire dagli anni ’70 in Italia l’industria alimentare e farmaceutica importa annualmente circa 15.000-20.000 quintali di prodotti derivati dalla lavorazione delle alghe, poichè la produzione nazionale è insufficiente (5.000 tonnellate) rispetto alla domanda.